Spie con Smalto
Racconto breve, Indagini e Crimini, Italiano, 76 pagine
Editore: Renato Mite, Italia 24/12/2022
Dettagli
Spie con Smalto
Tutti i diritti sull'opera "Spie con Smalto" appartengono all'autore Renato Mastrulli in arte Renato Mite.
Questa storia è frutto dell'ingegno dell'autore.
Ogni riferimento a fatti accaduti o cose e persone esistenti è da ritenersi preterintenzionale.
Immagine in copertina © Renato Mastrulli
1a Edizione: Dicembre 2022
© Renato Mastrulli
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1
Le tre donne camminavano lungo il corridoio con passo lento ma deciso. Il ticchettio dei tacchi era un leggero sottofondo musicale alla voce di Marta, la donna dal corpo tonico e i capelli rossi. Stava descrivendo la sua giornata in riva al mare, dove le erano mancate le sue amiche, e progettava di tornarci tutte insieme appena possibile.
Margherita, la donna dal fisico curvilineo e pure in forma, le dava ragione scuotendo la sua chioma nera con alcune ciocche rosse. All'altro fianco, Federica si ravviò i suoi vaporosi capelli neri, si sistemò l'abito blu notte che fasciava un corpo longilineo con un bel décolleté, e disse che dovevano concentrarsi sulla missione da compiere.
Non a caso erano vestite con abiti eleganti da sera, aderenti e corti per scoprire le gambe. Uno sguardo attento avrebbe saputo dire che erano gambe toniche e muscolose senza perdere di femminilità.
«Non sappiamo ancora nulla della missione.» Disse Marta. «Giorgio è stato un po' troppo conciso. Che significa "mettevi in tiro, c'è una missione a una serata elegante"?»
«Forse che c'è una serata elegante a cui dobbiamo partecipare?» Disse Federica sottolineando l'ovvietà con il tono di voce.
«Oppure voleva solo vederci vestite così.» Ipotizzò Marta. «Se mi ha giocato questo scherzo, gliela faccio pagare cara.»
«Non ne saresti capace.» Disse Margherita.
«Giorgio non ti farebbe una cosa del genere.» Disse Federica.
«Per me, potrebbe farlo.» Disse Marta. «Vero, Margherita?»
La donna chiamata in causa rispose senza pensarci: «Sì. Per vederti vestita così, certo.»
Marta sorrise di quel suo sorriso gioioso e sincero.
Federica intervenne sovrappensiero: «Il vestito sarebbe solo parte della fantasia.»
«Nel senso di farlo scivolare giù?» Chiese Margherita incuriosita.
«No, no.» Disse Federica in fretta. «Nel senso di farlo svolazzare.»
Le altre due la guardarono stupita. «Che ne sai?» Chiese Margherita.
«Niente, niente.»
«Basta spettegolare.» Disse Marta. «Io e Giorgio ci siamo chiariti. Pensiamo al lavoro.»
Calò il silenzio.
A pochi passi dalla sala riunioni, nel grande palazzo ottocentesco, le tre donne si fecero serie. Dalla sala venivano alcune voci maschili, fra cui quella di Giorgio, il loro hacker e tuttofare.
«Saranno qui a breve.» Stava dicendo Giorgio. «Abbiamo finito una serie di missioni ieri e avevano bisogno di riposo, la squadra non è al completo, ma ve lo assicuro: sono tutte affidabili. Sono spie con smalto.»
Marta aprì la porta e si addentrò, le sue amiche al seguito.
«Che vi dicevo.» Giorgio guardò il suo orologio in metallo. «Puntualissime.»
Vestiva un completo giacca e pantaloni neri, con una camicia bianca e una cravatta blu scuro con sottili righe bianche trasversali. Dal taschino della giacca spuntava l'angolo di un fazzoletto bianco con orli blu scuro: il suo tocco eccentrico.
«Buonasera a tutti.» Disse Marta. Margherita e Federica fecero altrettanto.
«Loro sono i Signori Enrico Bastioni e Majid Alsaud.» Disse Giorgio accompagnando le parole con la mano aperta.
L'italiano era un uomo di media altezza, grassoccio, con i capelli più grigi che neri.
L'arabo era magro, con la barba scura come i capelli e uno sguardo troppo serio.
Entrambi vestiti eleganti, l'italiano in completo nero, l'arabo in un completo bianco, risposero al saluto in maniera sbrigativa. Sedevano uno accanto all'altro in uno dei divani della sala.
Giorgio lasciò il divano di fronte e cominciò a spiegare la situazione mentre le tre donne prendevano posto.
La mostra dei manufatti di Leonardo da Vinci, cominciata una settimana prima, aveva portato la città sotto i riflettori perché ospitava per la prima volta tre cigni in vetro sagomati dal genio. Grazie ad alcuni appunti rinvenuti pochi anni prima, si sapeva che le opere erano state soffiate in stampi, perciò il corpo era identico, ma erano pezzi unici in quanto Leonardo aveva poi lavorato il collo e l'espressione, diversi per ogni Cigno. Ciò rendeva i Cigni inestimabili e maggior valore acquisivano per la gemma racchiusa nel loro corpo.
Negli appunti appare anche il "Lago dei Cigni", una scatola particolare che conterrebbe una gemma più grande tagliata a sagoma di un quarto cigno.
Come succede con le opere d'arte, i Cigni hanno cambiato proprietario fino a dividersi. Bastioni e Alsaud ne avevano uno a testa, il magnate americano Stephen Johnson era entrato in possesso del terzo Cigno e anche del Lago.
L'idea che i cigni in vetro fossero uno studio preliminare per tagliare la gemma più grande era stata accantonata quando Johnson aveva permesso l'analisi del Lago a una squadra di esperti.
La scoperta era un nuovo mistero. Il Lago era una scatola di vetro senza giunture, incastrata su una base di legno, tutta dipinta a nascondere il contenuto. Sotto la base, un pannello celava tre cavità, in cui alloggiare il fondo dei Cigni, e diversi ingranaggi metallici fra meccanismi in legno. Alcune gocce di pittura erano venute via dal vetro, da lì si intravedeva la famosa gemma fra altri ingranaggi con spuntoni. Tutto faceva presupporre che Leonardo avesse ideato un modo per distruggere l'opera se fosse caduta in mani sbagliate, e solo chi conosceva il suo segreto poteva aprirla.
Ciò rendeva il Lago dei Cigni un'opera preziosa e impediva qualsiasi altra analisi per evitare di distruggerla.
Le opere sarebbero state esposte nella mostra per un solo giorno, a distanza di una settimana una dall'altra. Prima il Cigno di Alsaud, dopo il Cigno di Bastioni, per finire il Cigno e il Lago di Johnson.
Senza preamboli, Giorgio disse che il Cigno di Alsaud era stato rubato la settimana prima. Sottratto dalla custodia anti-effrazione con cui trasportavano l'opera nel tragitto fra la mostra e l'hotel di Alsaud. Lo sceicco voleva riguardare il suo cigno prima di riporre la custodia nel caveau, ma all'apertura la custodia era vuota.
Alsaud intervenne prontamente. «Perciò sospetto che il ladro sia un uomo della scorta. Sono anni che porto in giro l'opera e non è mai successo nulla. Il mio uomo più fidato sta indagando e per questo nessuno ancora sa del furto. A parte voi.»
Giorgio riprese la parola e spiegò che il Cigno di Bastioni sarebbe stato esposto alla cena in onore di Leonardo tenuta nel museo quella sera. Bastioni e lo sceicco li stavano ingaggiando per acciuffare i ladri, sventare un secondo furto e recuperare il cigno rubato.
«Ruberebbero il secondo Cigno per il motivo che penso io?» Chiese Margherita.
«Già, qualcuno vuole avere tutti i Cigni e magari tentare di aprire il Lago.» Disse Marta. «Pensate che sia opera di Johnson?» Chiese rivolta ai due uomini dinanzi a sé.
«Sì.» Rispose Bastioni.
«Ed è in città?» Chiese Federica.
«No, arriva domani sera con il suo aereo privato.» Disse Alsaud.
Calò il silenzio, toccava a Marta decidere se accettare l'incarico oppure no.
«D'accordo,» disse lei, «ormai siamo vestite a festa, accettiamo l'ingaggio.»
Giorgio si rivolse ai due ospiti. «Potete andare, fra poco vi raggiungiamo al museo. Giusto il tempo di organizzare le nostre comunicazioni.»
Bastioni e Alsaud si alzarono, lo stesso fecero le donne che restarono nella stanza con Giorgio mentre gli altri due si allontanavano.
«Hai scaricato la mappa del museo e verificato tutti gli accessi?» Chiese Marta all'hacker.
«Sì, vi mando le informazioni sullo smartphone mentre ci muoviamo.» Giorgio prese dalla tasca della giacca tre piccole bustine con della spugna rossa all'interno e ne porse una a ciascuna delle donne. «All'ingresso del museo usano i metal detector, quindi gli auricolari dovete portarli nella borsa così. Una volta dentro, potrete toglierli dalla spugna schermante.»
«Io prendo la Ferrari.» Disse Margherita facendo qualche passo in avanti per distanziare gli altri.
«Ehi, guido io!» Disse Federica correndole dietro.
«Sembra che a noi tocca l'utilitaria.» Disse Giorgio cercando di scherzare.
«Già.» Disse Marta sovrappensiero.
Giorgio si fece serio. «Marta, devo dirti una cosa su tua sorella.»
La donna si fermò e lo guardò con la tipica espressione di chi ti concede tutta la sua attenzione.
«Dimmi.»
«Elisa non arriva domani. Il governo britannico l'ha bloccata a Londra, sembra che ci siano problemi con la MI6.»
«Spiegati meglio.»
«C'è stato un furto di informazioni riservate da parte di una spia internazionale per conto del suo governo.»
«E cosa c'entra Elisa? Collaboriamo con il governo di rado, non siamo alle sue dipendenze. Poi era a Londra per tutt'altro.»
«Lo so, ma vai a spiegarlo alla Regina, al Primo Ministro e il resto della compagnia. Elisa ci sta provando, se serve mettiamo in mezzo l'ambasciata. Per il momento può comunicare con noi, ma credo su canali controllati. Vuoi dirle qualcosa?»
«Ci penso. Adesso abbiamo altre questioni da risolvere.»
«A proposito, hai avuto notizia di quella questione "risolvibile"?»
«Ancora no. Dai, forza, sbrigati.»
Marta accelerò il passo e Giorgio le andò dietro.
2
La sala del museo era illuminata da luci soffuse. Gli invitati avevano preso posto e non c'erano sedie vuote intorno ai tavoli. Le prime portate erano state servite.
Una musica classica si diffuse piano, alcune coppie lasciarono i loro tavoli per raggiungere lo spazio al centro e cominciare a ballare.
Dal loro tavolo un po' defilato, Marta e le sue amiche controllavano tutto ciò che succedeva, sebbene i danzatori coprissero spesso la visuale.
Marta vide Giorgio lasciare il suo tavolo e seguire il bordo della sala nella loro direzione.
«Eccolo che arriva.» Disse Margherita.
«Qui si compie la sua fantasia.» Disse Federica che incrociò lo sguardo con lui quando fu più vicino. Giorgio vide in quello sguardo un incitamento bonario a trattare bene la sua amica, Federica vide nel volto del ragazzo che sarebbe stato così.
Lui raggiunse Marta, si inchinò appena e tese la mano con il palmo all'insù verso di lei.
«Mi concedi questo ballo.»
Marta lo guardò stupita e indecisa sul da farsi, lui restò fermo con la mano tesa.
C'era una missione da compiere, un lavoro da portare avanti e lui la invitava a ballare.
Giorgio la guardava negli occhi e le sorrise. Sembrava che per lui non ci fosse altro che meritasse attenzione, il tempo si era fermato e sarebbe rimasto in quella posizione come fosse naturale.
Marta sollevò la mano e la posò su quella di lui un istante prima che la ritirasse.
«Tu non sai ballare.» Gli disse mentre camminavano fianco a fianco.
«Qualche passo lento riesco a farlo.»
«E riesci a non pestarmi un piede?»
«Ce la metto tutta.»
Giorgio posò la mano destra sul fianco di lei e strinse l'altra mano in quella di Marta protesa in avanti. Lei lo cinse a sua volta e cominciarono a muoversi piano.
Per lui il silenzio si fece imbarazzante.
«Una volta ti chiesi di insegnarmi a chiacchierare, ricordi?»
«Sinceramente, no.» Rispose Marta.
«È normale, hai tante cose a cui pensare.»
«Giorgio, ne abbiamo già parlato.»
«Lo so. Voglio solo dirti una cosa. Credo di fare progressi, piccoli si intende. Mi spiace che ancora non riesco a parlare del più e del meno con te.»
Marta non sapeva cosa rispondere, aveva colto una nota di malinconia nella voce di Giorgio. Parlavano spesso, anche in maniera profonda, lei adoperava la sua ironia e qualche volta lui faceva citazioni musicali, ma non parlavano del più e del meno. Marta lo guardò in silenzio.
Lui riprese: «Come canta Mick Jagger, non puoi avere sempre ciò che vuoi, ma tentando, a volte, ti ritrovi ad avere ciò di cui hai bisogno.»
«Avevi bisogno di un ballo con me?»
«Anche,» disse Giorgio sorridendo appena, «però io parlavo di avere delle amiche: tu e le altre della squadra. Sai, con i computer non si può parlare, con le persone sì.»
Di nuovo quella nota malinconica.
«Così questa sarebbe la tua fantasia?» Chiese Marta per cambiare discorso.
«Federica te l'ha detto?»
«Non proprio. Però ho capito che il vestito dovrebbe svolazzare. Mi sa che ti tocca imparare il rock & roll acrobatico se vuoi vedere svolazzare il vestito della tua dama.»
«Non è detto.» Giorgio lasciò la presa al fianco e con un leggero movimento dell'altra mano fece piroettare Marta su se stessa. «Bastava che il tuo abito fosse stato un po' più largo in fondo.» Aggiunse quando lei tornò vicina.
Marta non lo stava più ascoltando. Durante la piroetta aveva visto Bastioni e il direttore del museo andare dietro la grande tenda di velluto sul fondo della sala. Fra poco quella tenda avrebbe dovuto aprirsi per rivelare ai presenti il Cigno di Bastioni, ma qualcosa non quadrava.
«Il lavoro ci chiama.» Disse lei.
Tornarono al tavolo con passo calmo ma deciso. Marta diede istruzioni alle sue amiche di andare a coprire le uscite del museo, lei e Giorgio proseguirono fin dietro la tenda che nascondeva una grande teca vuota.
Bastioni era in compagnia del direttore del museo e un suo assistente. Quest'ultimo si zittì appena vide i due nuovi arrivati, Bastioni gli disse di proseguire. L'assistente raccontò che era andato dalle guardie armate che sorvegliavano il Cigno affinché lo portassero nella teca, ma erano per terra incoscienti. Dell'opera nessuna traccia.
«La custodia è vuota?» Chiese Bastioni.
«No, hanno portato via proprio la custodia.» Disse l'assistente.
«Dobbiamo chiamare la Polizia.» Disse il direttore. «Non possiamo fare altrimenti, ne va di mezzo il museo.»
Bastioni guardò Marta che annuì.
«D'accordo,» disse l'uomo, «però l'opera è mia e voglio anche loro a indagare.» Indicò Marta e Giorgio. «Conosco il commissario, ci parlo io.»
«Le guardie sono ferite?» Chiese Marta.
«No,» disse l'assistente, «ho visto che erano svenute e ho chiamato subito qui il direttore.»
Mentre percorrevano il corridoio, il direttore del museo chiamò la Polizia, Bastioni invece prese il suo cellulare e disse che la custodia aveva un localizzatore GPS che gli inviava il segnale in una app. L'uomo provò a localizzare la custodia e l'app gli mostrò la posizione quando arrivarono nella stanza.
Il direttore concluse la telefonata. La scena davanti a loro era una stanza vuota dove due uomini in divisa si stavano rialzando da terra con una mano alla testa dolorante. Bastioni guardava il suo cellulare e disse che la custodia era ancora nel museo.
«Ancora qui?» Disse Giorgio un po' sorpreso. «Mi faccia vedere.»
L'uomo gli porse il cellulare. L'hacker guardò la mappa dell'app, usò più volte il comando per ritrovare la posizione e l'app aggiornò la posizione con leggeri movimenti della mappa.
«I ladri sono nel museo ma si stanno muovendo.» Disse l'hacker.
In quel momento, la voce di Margherita irruppe nell'auricolare di Marta.
«Ci sono due tipi sospetti sul retro con qualcosa simile a una custodia per quadri, sembra ingombrante quanto la custodia del cigno.»
«Io prendo l'auto,» disse Federica, «li seguiamo.»
«State attente.» Raccomandò Marta. «La custodia ha un GPS, vi diamo supporto da qui.»
Giorgio seguiva i movimenti tramite l'app e dava alcune indicazioni alle inseguitrici per raggiungere i ladri, ma quelli sembravano distanziarle. Bastioni guardava la mappa ammutolito.
Dopo aver ascoltato la versione delle guardie, stordite con un Taser e prese a pugni in testa da due tipi incappucciati, Marta chiese spiegazioni a Bastioni per aver omesso la presenza del trasmettitore GPS.
«Non ci ho pensato.» Rispose l'uomo. «La custodia è un acquisto recente, solo per portare qui il Cigno. In genere lo tengo in cassaforte e forse avrei fatto bene a non esporlo.» Aggiunse in tono mesto.
Il direttore gli mise una mano sulla spalla. «Mi permetta di dirle una cosa. L'arte non ha senso se resta chiusa in una cassaforte. Lei può giovarsi di quel Cigno ogni giorno, ma le persone che sono venute stasera al museo potevano ammirarlo solo una volta grazie a lei.»
«Dovremmo dirgli che l'esposizione è saltata, ormai.» Disse Bastioni.
«Lei è sconfortato, la capisco, ma non disperi.» Disse Marta. «Sarebbe meglio non far sapere subito del furto. Abbiamo un vantaggio su eventuali talpe nell'edificio.» Si rivolse a Giorgio. «Hai avviato la scansione?»
«Da quando siamo arrivati. Finora il programma non ha rilevato comunicazioni sospette in entrata o uscita dal museo.»
«Mi prendo la responsabilità.» Disse il direttore. «Vado ad annunciare che il signor Bastioni ha mandato a restaurare l'opera e non garantiva che sarebbe arrivata in tempo, e così è successo.»
«Allora io finanzio la prossima serata in cui esporre il mio Cigno, saranno tutti miei ospiti.» Disse Bastioni. Si rivolse a Marta: «Recuperate il mio Cigno.»
«Ce la mettiamo tutta.» Disse lei.
Margherita irruppe nell'auricolare: «Si dirigono fuori città.»
«Vogliono farci mangiare la polvere.» Aggiunse Federica.
Giorgio annuì con la testa in direzione di Marta. «Aumentano la velocità,» disse, «forse vogliono seminarle.»
L'auto dei ladri andava verso la periferia, il cursore sulla mappa si muoveva a velocità sempre maggiore finché d'un tratto svanì.
«No, no!» Disse Giorgio. «Abbiamo perso il segnale.»
Marta parlò alle sue amiche tramite l'auricolare: «Ragazze, dovete navigare a vista. Restate incollate a quell'auto il più possibile.»
«Non sarà facile.» Disse Margherita con voce malferma.
Proprio in quel momento, Federica sterzava in fretta per restare sulla scia dei ladri.
Quello alla guida era davvero bravo e stava dando filo da torcere a Federica in un reticolo di strade fra vari capannoni alla periferia della città.
L'aveva spiazzata sterzando all'ultimo minuto nella direzione opposta a quella a cui sembrava dirigersi. La Ferrari sbandò, salì sul marciapiede e colpì un lampione con il fianco, poco dietro lo sportello di Margherita che sussultò un istante.
Federica rimase un attimo frastornata. Si riebbe e cercò di ripartire, ma la base del lampione si era incastrata fra la ruota posteriore e la carrozzeria. Ruotò lo sterzo e accelerò, ma non ci fu verso di svincolare la Ferrari, la donna poté solo osservare l'auto dei ladri che si allontanava e spariva in una traversa poco lontano.
«Ci hanno fregato, siamo incastrate.» Disse Federica nell'auricolare. Si rivolse a Margherita: «Usciamo di qui prima che il lampione ci cada addosso e ci frigga.»
Al museo le cose non andarono meglio. Dopo l'annuncio del direttore riguardo il mancato arrivo dell'opera, la serata si concluse sottotono. Dietro le quinte, la Polizia prese le redini dell'indagine, Marta e Giorgio furono trattenuti il tempo di chiarire il loro coinvolgimento nella situazione. Bastioni garantì per loro con il commissario e costui permise loro di continuare a indagare, a patto che avrebbero riferito alla Polizia qualunque cosa di rilevante scoprissero.
Quando Marta e Giorgio presero l'auto, lei si mise alla guida. Raggiunsero le due amiche che guardavano la Ferrari gialla dal marciapiede opposto.
«Come state?» Chiese Marta mentre sedevano sui sedili posteriori.
«Bene.» Disse Margherita.
«Benone.» Disse Federica con un pizzico di ironia.
Tornarono alla "Corte", la loro base operativa, senza aggiungere altro. Una volta nell'edificio, Margherita e Federica precedevano Giorgio e Marta lungo il corridoio.
«Federica?» Cominciò Marta.
La sua amica si fermò e si voltò. Si fermarono tutti mentre Federica si toglieva le scarpe eleganti e le impugnava. I tacchi retrattili erano ancora appiattiti nella suola delle scarpe. Avevano ideato quelle scarpe per poter correre o guidare comodamente all'occorrenza.
«Le studiamo tutte per essere un passo avanti e poi ci troviamo due passi indietro.» Disse Federica molto risentita.
Marta reagì con quello che Giorgio definiva il suo "istinto protettivo" e che aveva apprezzato molte volte.
«No! Tu avevi un impedimento: l'abito stretto.» Disse Marta. «Guarda, ti si è anche strappato.» Indicò una cucitura laterale sfilacciata.
Per tutta risposta, Federica si voltò e si allontanò in fretta. Margherita e Marta le andarono dietro. Giorgio avrebbe voluto fare lo stesso, ma sarebbe stato più facile confidarsi solo fra donne.
L'hacker attraversò una porta alla sua destra ed entrò nella sua tana dove c'erano diverse scrivanie con computer, schermi e tastiere. Gli schermi erano accesi e mostravano una intensa attività nello scandagliare telefonate, profili social e app di messaggistica di tutti gli invitati alla cena al museo.
Sedette a una scrivania, prese la tastiera davanti a sé e cominciò a digitare per richiamare a video i risultati di altre ricerche. Ricerche che aveva impostato mentre aspettava l'arrivo di Bastioni e Alsaud a palazzo prima della cena, mentre indossava il completo elegante. Ora, nell'attesa dei risultati, si stava spogliando della cravatta e della giacca.
Prima di leggere i risultati, Giorgio voleva impostare un'altra ricerca. Marta giunse quando Giorgio stava impartendo le ultime istruzioni al computer.
«Che fai?» Chiese.
«Un po' di ricerca. Recupero i video delle telecamere di zona per ritrovare l'auto dei fuggiaschi. Come sta Federica?»
«Meglio.» Disse Marta. «Domani facciamo il punto, va' a riposarti.»
«Fra poco, devo impostare altre ricerche. Se vuoi mandare un messaggio ad Elisa, possiamo farlo anche ora.»
Marta annuì con un leggero cenno della testa. «Scrivile: se ti serve lo smalto, basta chiedere.»
Giorgio la guardò meravigliato. «Cos'è? Un messaggio in codice?»
«In un certo senso. Io per Elisa ci sono stata, ci sono e ci sarò sempre.» Disse Marta. «Lei lo sa, non c'è bisogno di scrivere altro.»
3
La mattina dopo, fecero il punto. Giorgio aveva recuperato diverse informazioni e le mostrò sullo schermo a parete agendo con un piccolo telecomando.
Bastioni e Alsaud erano, banchiere il primo e petroliere il secondo, due ricchi che si toglievano un po' di capricci. Soprattutto Alsaud che era arrivato in città con il suo sottomarino. Le loro finanze non avevano incrinature e nulla faceva supporre attività illecite.
Johnson era un imprenditore in vari campi, dall'automo-bile alle costruzioni edili, con la passione per le opere d'arte e una maniacale cura per la forma fisica, tratto in comune con la compagna, una modella alta, bionda e con curve al punto giusto.
Tanto preso dal costante allenamento, l'imprenditore si fermava in città solo per due settimane, ma si era iscritto ad una palestra locale aperta 24 ore al giorno. Probabilmente avrebbe passato la maggior parte della vacanza in palestra.
L'americano sarebbe arrivato quella sera con la sua fidanzata gelosa e le custodie anti-effrazione che racchiudevano il terzo Cigno e il Lago. Aveva prenotato una suite d'albergo gigantesca con una stanza-caveau che non aveva nulla da invidiare a una piccola banca.
Giorgio aveva recuperato le planimetrie e le specifiche di sicurezza dell'albergo. Il caveau si apriva con tre chiavi: l'impronta del cliente, la scheda magnetica della suite e un codice temporaneo generato da una app.
Per i ladri sarebbe stato più facile rubare le opere d'arte all'esposizione, perciò Giorgio aveva scaricato il più possibile sul museo, compresi documenti su dipendenti e fornitori.
In più l'hacker aveva ricostruito il tragitto dei fuggiaschi con diverse telecamere di zona. Giorgio richiamò una mappa sullo schermo che occupava una parete della stanza. Un riquadro alla periferia della città, non molto lontano da dove la Ferrari si era arenata, evidenziava un capannone. L'hacker disse che era dismesso e sfitto da tempo.
«Non ditemi che dobbiamo fare un sopralluogo di domenica mattina.» Disse Margherita. «Devo ancora smaltire parecchia stanchezza.»
«Io penso che fosse solo un punto di appoggio e potrebbero già averlo abbandonato.» Disse Giorgio. «Potrebbero essere ripartiti con un'altra auto, le telecamere lasciano parecchi punti cechi, ma se sono ancora lì, forse è meglio fargli visita stasera col favore della notte.»
«Concordo.» Disse Federica che fece per alzarsi dalla poltrona in cui era seduta.
«Aspetta un attimo.» Disse Marta. «Ho un'idea: battiamo sul tempo i ladri. Rubiamo noi le opere prima dell'esposizione.»
Federica sprofondò di nuovo nella poltrona. «Come pensi di fare?»
«Con le tre chiavi.» Disse Marta. Si rivolse a Giorgio: «Possiamo clonare la scheda e l'app dell'albergo?»
«Sì, se riusciamo a metterci le mani su per un po'.» Rispose l'hacker.
Federica indicò lo schermo come se ci fosse ancora l'immagine di Johnson e la fidanzata in tenuta sportiva. «Se state pensando che io possa sedurlo quando se ne va in giro con quella bionda al fianco, pensate male.»
«Sedurlo no, magari distrarlo.» Disse Margherita.
«Sì,» disse Marta, «ma in un altro modo. Ci puoi iscrivere a quella palestra prima di domani?» Chiese a Giorgio.
«Penso di farcela, ma devo dare ragione a Federica. Pure la fidanzata è iscritta e dal gossip sembra molto gelosa, non vi farà girargli intorno abbastanza a lungo.»
«Marta potrebbe fare l'istruttrice.» Disse Margherita. «A parte Elisa, è quella che si allena di più, ed è sempre stata in movimento, giocava a pallavolo e…»
«Grazie per l'elogio,» la interruppe Marta, «ma come faccio a spacciarmi per un'istruttrice già da domani?»
«Se riesco a iscrivere noi, posso anche aggiungere te nel database dei dipendenti.» Disse Giorgio mostrando sullo schermo che aveva già scavato negli affari della palestra. Sapeva già abbastanza di divise, pass e turni dei dipendenti.
«Noi?» Chiese Marta.
«Per clonare l'app devo esserci anch'io.»
Marta annuì.
«Le servirà la divisa.» Disse Federica.
«A questo ci penso io. » Disse Margherita. «Se mi iscrivi subito, vado già oggi in palestra e recupero una divisa della sua taglia.»
Margherita era la specialista in trucco, parrucco e quanto serviva ai loro travestimenti: abiti e accessori. Federica era l'esperta di interrogatori, Marta gestiva l'agenzia investigativa e Elisa seguiva le dinamiche internazionali perché spesso ci finivano invischiate.
«Non eri stanca?» Chiese Marta con un sorriso ironico.
«Per il sopralluogo, ma vuoi mettere girovagare in una palestra. Faccio un po' di tapis roulant, studio l'ambiente così posso coprirti meglio le spalle e poi mi intrufolo nello spogliatoio delle istruttrici. Sarà un gioco da ragazze.»
L'estratto finisce qui.
Questa storia è riservata ai Lettori Sbircianti.
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