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Giù in picchiata
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Short story, Science Fiction, Italiano, 120 pages
Publisher: Renato Mite, Italia 05/04/2024
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Paragrafo 1

Paragrafo 2

RENATO MITE

GIÙ IN PICCHIATA

Tutti i diritti sull'opera "V-Zero # 5 - Giù in picchiata" appartengono all'autore Renato Mastrulli in arte Renato Mite.


Questa storia è frutto dell'ingegno dell'autore.


Ogni riferimento a fatti accaduti o cose e persone esistenti è da ritenersi puramente casuale.


Immagine in copertina e Mappa Hiddin3
© Renato Mastrulli



1a Edizione: Maggio 2024


© Renato Mastrulli


È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo.


www.renatomite.it



1

Pax non era molto distante dal luogo dell'atterraggio di fortuna. L'aereo era incastrato sulla montagna, bloccato fra gli alberi e circondato dai passeggeri che si erano messi in salvo sulle rocce. La città era poco oltre la valle, alcuni chilometri dopo il bosco.

Scesi a valle, Bea e Relby avevano percorso per un tratto il letto del fiume per far perdere le loro tracce, dopo si erano immessi nella vegetazione e avevano continuato a camminare verso sud.

Il motore strappato via dall'aereo aveva preso fuoco e con esso la scia di carburante fuoriuscita dall'ala. L'incendio non aveva causato grandi danni. I passeggeri erano in salvo e la pioggia continuava a cadere. C'era voluto poco ai canadair per estinguere l'incendio.

Bea e Relby avevano sentito gli aerei e visto la scena mentre si allontanavano. Poi la vegetazione, pur non fitta come nel bosco di Trees, li aveva nascosti alla vista.

La ragazza indicava la via da percorrere come se conoscesse la zona a menadito. Il sole era solo uno spiraglio nel cielo scuro quando Bea individuò la strada asfaltata che correva parallela al sentiero che stavano seguendo, circa venti metri a sinistra.

«Sembra che tu sia già stata in questo bosco.»

«No, mai.» Disse Bea. «L'ho ammirato dalla strada. Ho visitato diversi posti della contea Italica, mi piace soprattutto Inart, ma da queste parti sono venuta per lavoro. Ho fatto quella strada un mucchio di volte.»

Relby si accorse che Bea tratteneva delle smorfie di dolore.

«Come va il braccio?» Le chiese.

«Sento un po' tirare, però va bene, grazie.»

«Sono io che devo ringraziarti. Se non fosse stato per te e Gillian, sarei uscito cadavere da quell'aereo.»

«A conti fatti, saremmo tutti usciti cadavere, è stato un lavoro di squadra. Gli Speculatori pagheranno anche questo.»

«Non sarai un po' troppo ottimista?»

«Il giusto. Appena arriviamo da Lucio, non ci ferma più nessuno, vedrai.»

«Sei sicura che ci darà una mano?»

«Sì, certo. Siamo i suoi migliori clienti ed è amico di mio padre di vecchia data. Ha messo su la sua azienda anche grazie a noi.»

Proseguirono in silenzio per stanchezza, per risparmiare le energie o forse perché non restava che arrivare a destinazione. Il sentiero si discostava dalla strada asfaltata e il bosco si infittiva, era meglio essere concentrati e pronti a udire il minimo rumore. Dopotutto, una volta soccorso insieme agli altri passeggeri, lo sceriffo del cielo avrebbe potuto mettere qualcuno alle loro calcagna.

Quando arrivarono nei pressi di un grande spiazzo recintato, il sole era tramontato da parecchio e la luce lunare faticava a rischiarare il sentiero.

«Manca ancora molto?» Chiese Relby.

«No, siamo quasi arrivati. Questa è l'azienda di Lucio.» Bea indicò la recinzione. «Dobbiamo girare intorno fino al cancello posteriore.»

Via via che procedevano lungo la recinzione, al centro dello spiazzo si vedevano alcuni capannoni e hangar nella penombra di luci di sorveglianza.

Il cancello era avvolto dall'oscurità ma solo in apparenza era incustodito. La vigilanza si era accorta dei due ragazzi e una guardia li raggiunse restando all'interno. Bea si presentò e disse di avvisare Lucio Gespri del suo arrivo. La guardia rispose che avrebbero avvisato subito il proprietario, avevano avuto istruzioni di accoglierla se lei fosse arrivata.

Bea e Relby aspettarono in un hangar finché, circa mezz'ora dopo, un uomo dai capelli bianchi e l'andatura claudicante avanzò verso di loro con un bastone in legno intagliato.

L'uomo indossava un completo grigio elegante e sorrideva mentre li guardava compiaciuto.

«Sapevo che saresti arrivata.» Disse mentre ricambiava l'abbraccio di Bea con la mano libera.

«Perché ci hai sempre detto di non lasciare la contea senza prima salutarti.»

L'uomo rise. «Allora ogni tanto ascolti, eh, ragazzina?» Si fece serio un attimo. «Ho saputo che tuo padre è in gabbia e ho visto le immagini dei resti in tv. Quell'aereo acrobatico non poteva fare test migliore, almeno di questo sarà contento.»

«Già.» Disse Bea.

Gespri indicò Relby e riprese il suo tono cordiale e scherzoso. «Se lui è il motivo di tanto trambusto, Dio me ne scampi.»

«Sì, è lui. Lucio, ti presento Ian Relby. Ian, non farci caso: sdrammatizza ogni volta che può.»

Gespri stese la mano e Relby la strinse.

«Sdrammatizzare fa bene. Ian Relby, lieto di conoscerla.»

«Lucio Gespri. Anche tu eri in quell'aereo acrobatico, giusto?»

«Sì.»

«Come ti è sembrato lo schianto?»

«In che senso?» Chiese Relby.

Bea intervenne: «Lucio ci fornisce gran parte del materiale con cui costruiamo i nostri aerei. Se in uno schianto nessuno si fa male e l'aereo non è in frantumi, per lui è un successo.»

«Sì, un gran successo.» Disse Lucio.

«Beh, allora direi che lo schianto è stato ottimo.» Concluse Relby.

Lucio gli diede una pacca sulla spalla. «Immagino sarete stanchi e affamati, quindi non mi dilungo.» Indicò una porta alle loro spalle. «Potete sistemarvi nella stanza qui a fianco, ci sono due brandine per la notte. Vi porteranno la cena. Appena ho visto il video virale, ho capito che non potevate trattenervi. Ho programmato un volo per domani alle 10 e un altro fra tre giorni nel caso aveste ritardato. Partite domani?»

«Certo.» Disse Bea.

Relby annuì con la testa. «Avrei bisogno di un luogo in disparte e non riconoscibile, per almeno un'ora.» Aggiunse.

Gespri puntò gli occhi su di lui con uno sguardo intenso e indagatore, aspettò che Relby continuasse.

«Dovrei fare almeno un paio di video per il trambusto.»

«La stanza con le brande è anonima, puoi farli lì, ma li mandi quando siete nella contea Blues.» Gespri si era fatto di nuovo serio, molto più di prima, come se non avesse mai scherzato in vita sua. «Qui ho schermato i segnali, a casa mia non voglio sorprese.»

«Dovrei inviare un messaggio a Jack Loans subito, è una cosa importante.»

«Glielo mando io. Cosa gli devi scrivere?» Chiese l'uomo.

«Scriva così: "I.R. è in città per il processo."»

Gespri annuì con la testa, si voltò e prese a camminare con la sua andatura lenta verso l'uscita dell'hangar. A metà strada gli diede un consiglio senza voltarsi e senza fermarsi: «Dormite il più possibile, il viaggio di domani non sarà facile.»

Poco dopo, un addetto alla sicurezza venne a consegnare la busta con il cibo.

Bea e Relby si ritirarono nella stanza preparata per loro e mangiarono i panini con calma, senza parlare. Sedevano ognuno su una branda, uno di fronte all'altra.

Verso la fine della cena, dopo aver bevuto un sorso d'acqua dalla sua bottiglietta, Bea riprese a parlare.

«Toglimi una curiosità: perché nel messaggio a Loans dici che sei già a Freenton per il processo?»

«Perché l'udienza per ascoltarmi sarà fissata come minimo fra un paio di giorni e così confondiamo le acque agli Speculatori. Quando arriviamo, sapremo se vogliono darmi una accoglienza particolare.»

Prima di coricarsi, girarono due video per Jack Loans.

Bea teneva il cellulare puntato su Relby mentre lui parlava spedito.

Gli Speculatori avevano allungato le mani su qualsiasi organizzazione del pianeta, compreso il COPLASTER. Fare intrallazzi era cosa normale. Si accaparravano il favore di imprenditori garantendo concessioni edilizie o commerciali. Con il loro potere politico, muovevano consensi e opinioni. Negli ultimi tempi, volevano fare breccia nell'amministrazione della contea Hopetin. Il governatore Esposito era uomo tutto d'un pezzo, ma il suo vice sembrava incline agli interessi degli Speculatori. Lo tenevano d'occhio. Relby lo aveva pedinato un paio di mesi prima che gli fosse affidata la missione per contaminare il sistema idrico di Greentown.

Solo su una cosa non potevano ancora agire liberamente: l'ambiente. Dopo la sorte toccata alla Terra, il tema era ancora molto caro alla popolazione. Per questo cercavano di arrivare al Fertilio in sordina. Una legge per scavare ed estrarre il minerale non sarebbe mai passata nel parlamento planetario, ma con sotterfugi ci stavano arrivando lo stesso.

Circa due anni prima, Relby aveva preso contatti con diversi membri del COSPA che partecipavano all'Assemblea del Consiglio per avere le coordinate dei loro conti segreti. Gli Speculatori, attraverso società controllate dal senatore Vicari, li avrebbero corrotti per approvare la decisione di installare degli avamposti di controllo. Installare avamposti a più riprese era parte della strategia per allungare le mani sul territorio.

Relby ricordava a memoria tre nomi dei membri corrotti e le ultime cifre dei loro conti perché erano in sequenza, li rivelò nel video.

L'idea di creare nuove basi militari col pretesto della salvaguardia territoriale era nell'agenda degli Speculatori da diverso tempo. I progetti erano stati redatti in anticipo per avviare i lavori nel più breve tempo possibile. Soprattutto il progetto della base in costruzione a Stilrock che serviva per arrivare al Fertilio nel sottosuolo. Relby aveva trasportato in segreto i progetti della base, alternativi a quelli ufficiali depositati, che prevedevano degli scavi specifici per estrarre una parte del minerale come fosse un grossolano errore degli operai.

Nel secondo video, l'ex agente parlò della ragione per cui gli Speculatori fanno tutto questo: invalidare le leggi di confine e permettere a tutti di usufruire del Fertilio. In realtà fanno sempre i loro interessi, ora Relby se ne rendeva conto. Con il loro peso politico e i voti che potevano ottenere, avrebbero potuto cambiare le leggi di confine. Invece fa comodo mantenere alto il clima di tensione creato dai rivoluzionari e dai terroristi che loro stessi manovrano.

Le leggi di confine erano nate per distribuire la popolazione sul pianeta evitando inutili campanilismi e rivendicazioni che avrebbero potuto scatenare di nuovo una guerra silenziosa.

La scelta del nuovo governo planetario era stata dettata anche dal fatto che la maggior parte delle terre emerse era pressoché arida. Potersi stabilire in contee più o meno ricche di vegetazione quali Hopetin, Trees o Italica doveva essere una decisione affidata al caso, proprio per evitare ulteriori scontri. Le leggi garantivano questo e governavano gli spostamenti da una contea all'altra, quindi non erano un impedimento alla libera circolazione, quanto più un modo per gestire i trasferimenti.

Quando fu reclutato dagli Speculatori, Relby era accecato dalla rabbia per aver perso il padre che forse si sarebbe salvato vivendo altrove. Il Reclutatore aveva fatto leva su quella rabbia che ora Relby sapeva essere stupida. La sua famiglia aveva residenza a Manfield, poco fuori la contea Hopetin, e qualche chilometro di differenza non avrebbe reso l'aria più salubre per suo padre, morto di infezione polmonare.

Ian si era fatto convincere che lavorando per gli Speculatori avrebbe riportato giustizia su Hiddin3. Relby ammise che il Reclutatore era molto abile nel suo incarico, ma dubitava che si limitasse a fare proseliti. Nel breve periodo in cui era stato assistente di Vicari e lo scortava alle riunioni segrete degli Speculatori, aveva visto spesso il Reclutatore e il Dirigente ritirarsi a parlare da soli per lungo tempo. La carica di Dirigente era a vita se non annullata da una riunione unanime o persa per gravi impedimenti come pendenze con la legge. Eppure qualcosa nell'atteggiamento di Vicari verso il Reclutatore gli aveva dato l'impressione che il senatore si preoccupasse più di quest'ultimo che non dei suoi compari di malaffare.

2

La mattina dopo, furono svegliati molto prima dell'alba. Nonostante avessero dormito poche ore, si sentivano riposati.

Lucio Gespri li condusse in un hangar e, a quel punto, gli rivelò che il volo sarebbe stato un po' scomodo. I suoi operai stavano chiudendo diverse casse di legno che una dopo l'altra caricarono sull'aereo cargo che sostava nella rimessa.

Bea e Relby diedero un'occhiata in giro senza capire, poi Gespri con un sorriso mosse la testa in direzione di due grandi casse uguali. Strette e lunghe, alte meno di un metro.

«Vi nascondiamo lì dentro.» Disse. «Vi mettiamo fra alcuni strati di lamiere. La sistemazione è sicura. Come ho detto, starete solo scomodi.»

«Perché non possiamo spacciarci per due dell'equipaggio?» Chiese Relby.

Gespri rise. «Ragazzo, trasporto casse come queste ogni settimana, rifornisco aziende in tutto il pianeta e la Dogana mi conosce bene. Se vi mandassi come equipaggio, dovreste scappare a destinazione e perderei la loro fiducia. Così, invece, dopo i controlli rapidi della Dogana, in mezza giornata siete nei miei magazzini di Americus.»

«Sicuro che saranno controlli rapidi?»

Gespri scosse la testa divertito. «Ora capisco perché non ti hanno ancora fatto la pelle.» Gli diede una pacca sulla spalla e si rivolse a Bea. «Ragazzina, tienilo a bada finché non arrivate ad Americus. Ho già organizzato tutto a destino, vi liberano e vi portano dove volete.»

«Grazie infinite.» Disse Bea.

«Ah, smettila, se no mi fai commuovere. Saluta la tua squadra da parte mia.» Gespri diede una pacca anche a Bea e si voltò per allontanarsi.

La ragazza parlò ormai alla schiena dell'uomo. «Sarà fatto. Io e mio padre torneremo a trovarti.»

«Ci conto, ragazzina, ci conto.» Disse Lucio senza fermarsi.

I suoi operai aiutarono Bea e Relby a entrare nelle casse. Sul fondo si vedeva un piano di legno, in pratica li rinchiudevano in un'intercapedine fra due piani di legno con lamiere sotto e sopra.

«L'idea non è molto allettante.» Disse Relby con tono preoccupato. «Mi sembra di entrare in una bara.»

Bea cercò di sdrammatizzare con un tono allegro. «Tu non pensarci. Ci hanno fatto anche i buchi per respirare, cos'altro vuoi?»

Relby mantenne l'aria seria. «Vorrei non sfidare la sorte.»

«Perché?»

«Bea, non te la prendere, non mi lamento, ma ogni volta che abbiamo volato insieme è sempre successo qualcosa. A Manfield, a Skyrake e ieri verso Pax. Stavolta siamo anche chiusi in scatola.»

«Puoi stare tranquillo, stavolta non sono io ai comandi. E poi hai sentito Gespri? I suoi piloti volano ogni settimana. Stando alle probabilità, può andarci solo meglio.»

«Perché?» Chiese Relby incuriosito.

«Proprio perché su tre voli, sono andati tutti male.» Bea entrò nella sua cassa. «Non può capitare anche al quarto.» Aggiunse mentre si stendeva.

Relby non sembrava convinto, invece Bea ebbe ragione. Il volo andò liscio e prima di scaricare la merce, un operaio di Gespri li informò che erano arrivati a destino. Adesso dovevano stare buoni per circa un paio d'ore, il tempo di sbrigare le pratiche doganali. Le casse furono scaricate e rimasero nello stesso luogo per un tempo che sembrò infinito.

Rumori intorno alle casse presagirono le operazioni di carico su un furgone che partì in direzione di Americus.

Bea e Relby non potevano sapere cosa stava succedendo e perciò non osarono parlare, nel caso a spostare le casse fosse qualcuno della Dogana.

Le casse furono scaricate di nuovo e qualcuno da fuori gli disse che presto sarebbero stati liberi.

Una volta aperte le casse e tolte le lamiere che nascondevano l'intercapedine, Bea e Relby furono aiutati a uscire. Mentre li precedeva fuori dal magazzino, un dipendente di Gespri disse che era a loro disposizione per portarli a Blueting o dovunque volessero andare.

«Prima di andare a Freenton, io dovrei fare un salto qui in città.» Disse Relby.

«Io devo andare solo a Blueting.» Disse Bea.

Raggiunsero un furgoncino con il pianale scoperto. «Come facciamo, allora?» Chiese l'uomo aprendo le portiere del veicolo col telecomando.

Bea lanciò uno sguardo a Relby e fu lui a rispondere. «Andiamo prima dal mio amico e poi ci lasci a Blueting, da lì me la sbrigo io.» Si rivolse a Bea e le disse che le lasciava il posto davanti, lui si sistemava nel retro.

«No, no.» Disse lei. «Sali tu davanti, io mi stendo dietro e mi riposo un altro po'.»

Relby aiutò Bea e poi sedette al posto del passeggero.

Lungo il tragitto, Ian osservò la città in cui aveva vissuto e lavorato per alcuni anni senza notare grandi differenze. L'assunzione come manovale in una delle società edili che rispondevano agli Speculatori era stata solo una copertura mentre sbrigava commissioni per loro, piccole cose. Aveva appena finito l'addestramento e il Reclutatore lo considerava fedele e innocuo. Forse per questo motivo, gli fu assegnato l'incarico di portaborse del senatore Fred Vicari nelle riunioni segrete dove gli imprenditori decidevano le prossime mosse.

All'inizio non sembrò un incarico importante, ma le raccomandazioni di Vicari di stargli sempre vicino e non perdere mai di vista la sua ventiquattrore insospettirono Ian. Il senatore sembrava ossessionato dalla valigetta e voleva lui sempre al suo fianco pronto a passargliela, la portava con sé nella sala riunioni, dove Ian non era ammesso, e al termine gliela restituiva sempre come se scottasse.

A una di quelle riunioni, Ian capì perché. All'interno della valigetta c'era un drive USB, una piccola scatola rettangolare con cavo, che doveva contenere file molto importanti per gli Speculatori. In quell'occasione, il drive di Vicari doveva essere aggiornato e copiato nei dispositivi di altri cinque imprenditori.

Il senatore gli diede l'incarico di restare sempre con il tecnico mentre faceva le copie.

Nell'ufficio c'erano solo Ian e il tecnico che non era un tipo loquace. A Ian non restava che guardare ciò che l'uomo faceva o guardarsi intorno. Fu così che si accorse di un mobiletto con le ante a vetri dove sembravano esserci memorie esterne simili.

L'uomo collegava il dispositivo al suo pc, avviava la copia dalla memoria di Vicari e monitorava l'operazione. A volte qualcuno lo chiamava per risolvere problemi con altri pc, allora l'uomo metteva in pausa la copia e si allontanava per pochi istanti. Tutte le volte lo chiudeva dentro.

Un'idea balzò nella mente di Ian Relby: doveva fare una copia di quei file.

Quando il tecnico fu chiamato per risolvere un problema che sembrava molto grave, Ian si mosse appena fu chiuso dentro. Andò al mobiletto e cercò di aprire l'anta, purtroppo era chiusa a chiave. Frugò nei cassetti della scrivania e trovò un piccolo mazzo di chiavi, le tentò una a una finché l'anta si aprì. Nel mobile c'erano altri drive come quelli del senatore. Ne prese uno, richiuse il mobile e tornò alla scrivania. Rimise le chiavi a posto e collegò il dispositivo a un'altra uscita USB per fare la copia. Non sapendo come impostare il programma, eseguì l'unica operazione consentita di default: copia speculare del drive compresi i codici d'accesso.

Il tecnico restò via parecchio, ma non abbastanza. Quando Relby sentì dei rumori e vide i vetri della porta oscurarsi, sospese la copia e fece in tempo a staccare il disco e nasconderlo sotto alcune carte nella valigetta del senatore.

L'uomo riprese l'operazione che aveva sospeso e quando finì tutte le copie, si preparò a riconsegnare i dispositivi. Nel frattempo Relby stava sistemando la valigetta di Vicari e, in un attimo di distrazione del tecnico, prese il drive rubato e lo nascose nella tasca interna della giacca proprio mentre il senatore sopraggiungeva.

Relby si era sempre chiesto se il tecnico si fosse accorto della mancanza di un drive subito o in un secondo momento, chissà se ne aveva fatto parola con qualcuno.

Pensò che gli Speculatori sospettassero qualcosa.

I file erano protetti da password, forse Vicari e gli altri erano sicuri che non li avrebbe mai aperti. Nonostante ciò, Ian si sentì gli occhi del senatore addosso e decise di affidare il dispositivo al suo coinquilino.

Eric lavorava nella stessa squadra edile. Aveva stretto amicizia con lui perché era un tipo simpatico, sempre allegro e sorridente. Neanche un incidente in cantiere che gli portò via il piede sinistro riuscì a togliergli il buonumore. Eppure Eric aveva preso di mira gli Speculatori, perché l'incidente era dovuto a negligenza della direzione del cantiere. Un giorno gliela avrebbe fatta pagare. Quindi Ian gli affidò il drive senza tante spiegazioni e gli fece promettere di nasconderlo perché, al momento giusto, sarebbe servito a far pagare il conto agli Speculatori.

Ian pensava che quella copia gli sarebbe servita come garanzia contro eventuali tiri mancini degli Speculatori. Adesso era convinto che servisse davvero a regolare i conti per Eric e coloro che subivano i torti degli Speculatori.

Sperava di ritrovare il suo vecchio amico e che lui avesse mantenuto la promessa.

Il furgoncino si fermò davanti alla casa e Relby scese.

Il viale non era cambiato, c'era sempre la solita erbetta verde ben curata. Le assi di legno della casa sembravano ridipinte da poco e il campanello vicino alla porta faceva lo stesso suono che Ian ricordava.

Eric gli aprì la porta e, appena lo vide, il suo sorriso si allargò.

«Ce ne hai messo di tempo.» Disse.

«Anche a me fa piacere rivederti.»

«Sì, sì.» Disse Eric facendosi a lato. «Entra prima che cambio idea.»

Ian si addentrò nella casa e la trovò come l'aveva lasciata. Ogni cosa al suo posto, pulita e in ordine. Eric era un maniaco dell'ordine e anche le foto, i poster e i gadget di baseball erano rimasti come Ian li ricordava. Forse c'era qualche pezzo in più nella collezione.

Arrivarono nel soggiorno e Eric gli disse di sedersi mentre prendeva qualcosa da bere. Tornò con due lattine di birra, come quelle che bevevano in cantiere.

Relby prese la lattina dall'amico e l'aprì mentre l'altro si sedeva.

«Sono qui per quello che sai.» Disse prima di mandare giù un sorso.

«Lo immaginavo, con quel video in rete sei famoso ormai.» Eric bevve a sua volta. «È arrivato il momento?»

«Direi di sì. Spero di non averti fatto aspettare troppo.»

Eric bevve un altro sorso, poi rispose con calma. «Ho aspettato tanto, ma ora ho capito che l'attesa è servita.»

«A cosa?» Chiese Relby.

«A vedere le cose per quello che sono. Non si tratta di vendicare un piede, si tratta di fare la cosa giusta. Certe volte dimentico di avere un piede finto, ma non dimentico mai come costruivamo quei palazzi.»

Relby annuì con un cenno della testa.

«Mi serve circa mezz'ora per recuperare quell'affare.» Disse Eric rialzandosi. «Aspetti o torni?»

«Non mi chiedi cosa devo farci?»

«Ho visto il tuo video e ho sentito le notizie che parlano del processo. Mi sono fatto un'idea.»

«Verresti al processo?»

«Ho cambiato lavoro e vorrei stare lontano dagli Speculatori.»

Relby gli lanciò un'occhiata interrogativa prima di riprendere a parlare.

-

Uscì come era entrato: a mani vuote. Rimontò sul furgone e disse al guidatore che potevano ripartire.

Bea gli chiese se fosse tutto a posto con il suo amico.

«Sì,» rispose Relby, «ma per il tuo bene, dimentica questa fermata.»

«Che significa?»

«Dobbiamo essere cauti.»

Relby non aggiunse altro.

Arrivarono agli hangar della Keysmith Stunts nella periferia di Blueting nel tardo pomeriggio. Il furgone si fermò davanti alla strada privata e ripartì subito dopo aver lasciato Ian e Bea.

Relby guardava la via dinanzi a sé, sul fondo si stagliavano diversi edifici con il logo "KS" tracciato dalla scia di 4 aerei.

«Vedi quella macchina che sta passando ora?» Chiese a bassa voce, senza voltarsi.

Bea, rivolta verso la strada, vide un'utilitaria proseguire senza rallentare. All'interno c'erano due uomini che non conosceva.

Aspettò che l'auto fosse lontana prima di replicare.

«L'ho vista.»

«Ci seguiva da un bel po', era appostata lungo la strada che porta qui. Sono convinto che qualcuno verrà a ispezionare i vostri hangar.»

«Allora muoviamoci.» Disse Bea.

Chiunque incontrasse nel tragitto la salutava con un gran sorriso e si diceva contento di rivederla. Bea salutava, ringraziava e tirava dritto verso la sala spettacoli perché uno dei tecnici le aveva detto che sua madre era lì. Relby la seguiva.

Varcata la soglia della sala, si trovarono davanti tre persone.

Una donna dal fisico longilineo e il viso con lineamenti mediterranei, capelli neri poco sopra le spalle, sedeva al tavolo olografico fra gli altri due e guardava lo schermo di un tablet. La somiglianza con Bea era impressionante, sebbene la ragazza avesse il fisico un po' più curvilineo e all'apparenza più muscoloso.

L'uomo in completo grigio, con i capelli bianchi e l'aria di chi non si innervosisce mai, rigirava il Panama fra le mani con lo sguardo perso verso i monitor della sala dove scorrevano immagini di spettacoli acrobatici.

L'altro uomo era un tipo di mezza età che sedeva composto, con lo sguardo stanco dietro occhialini senza montatura. Il suo tablet era a faccia in giù sul tavolo. Guardava lo schermo della donna.

Lei fu la prima ad accorgersi dei nuovi arrivati.

«Bea!» Esclamò. Lasciò il tablet sul tavolo e raggiunse sua figlia al centro della stanza.

«Mamma!» La ragazza strinse la donna come se non volesse più lasciarla.

Quando era tornata da Greentown, sua madre era a casa, ma si erano viste pochissimo. Bea era ripartita per andare a recuperare Relby a Manfield prima che lo mandassero in isolamento a Freenton. Teresa, poi, era ripartita per il suo lavoro da speleologa per ritornare appena avute notizie dell'arresto di Alex e dello schianto di Bea.

«Cara, sono abituata a trattenere il fiato, ma non così a lungo.»

«Scusa, mamma.» Bea sciolse l'abbraccio.

Teresa le accarezzò il viso e le sorrise. «Va tutto bene.»

Bea si rivolse agli uomini seduti al tavolo. «Ehi, Bill! Salve Avvocato.»

Sia il tecnico sia l'avvocato ricambiarono il saluto.

Teresa spiegò che stavano guardando un video di Alex e Jerry.

«Un video d'addio.» Precisò.

Bea volle guardare, lei e Ian sedettero mentre Bill armeggiò con il tablet per riprodurre il video su uno schermo alle sue spalle.

Alex e Jerry apparivano un po' smagriti e con le occhiaie. Nonostante ciò, sorridevano e mandavano saluti a tutta la squadra di acrobati con un pizzico di malinconia nel tono di voce. Dicevano di non preoccuparsi per loro perché nella base di Stilrock se la passavano bene, ma non c'era convinzione sul loro volto. Le ultime parole di Alex erano le più significative. Raccomandava a sua moglie di tenere alto il nome della Keysmith Stunts con voli acrobatici spettacolari anche per Bea. La definiva "un'ottima figlia che non meritava una fine prematura" ed era convinto che lei sapesse di essere amata dai suoi genitori "come il figliol prodigo che ritorna". Concludeva dicendo che se Bea fosse ancora viva, tornerebbe da loro e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per riportarla in vita. Avrebbe dato la sua vita, se fosse servito a riportare Bea da Teresa che non aveva nulla da biasimarsi. Anche se era lontana, era un'ottima madre. L'unico che aveva sbagliato era lui, Alex.

Una lacrima scese sul viso di Bea, sembrava davvero che suo padre si fosse arreso. Da che ricordava, suo padre non si era mai arreso.

Teresa le asciugò la lacrima e le strinse un attimo le spalle.

«Non è finita.» Disse. Si rivolse all'avvocato: «Vuoi ancora dirmi che, dopo questo, io dovrei organizzare uno spettacolo acrobatico?»

«Non sono io a dirlo.» Rispose l'uomo anziano rigirando un'altra volta il Panama. «Il passaggio di proprietà impone certe clausole. Una di queste ti obbliga a fare subito uno spettacolo acrobatico sensazionale con i migliori piloti della squadra. Ti ripeto: sono parole di Alex scritte nero su bianco, posso riportarti i documenti che hai firmato.»

Teresa lo fulminò con lo sguardo.

«Ci vuole del tempo per organizzare uno spettacolo.» Disse Bill.

«Io devo tornare da papà.» Disse Bea con un filo di voce.

Sua madre la guardò negli occhi.

«Papà ci ha fatto fuggire, devo salvare lui e Jerry.»

«Vengo con te.» Disse Ian.

«No, tu devi andare al processo.» Ribatté lei in tono perentorio. «Altrimenti è stato tutto inutile.»

Teresa accarezzò sua figlia. «Bea, ci ho già pensato.»

Si rivolse all'avvocato: «Adesso tu lavori per me, giusto?»

L'avvocato fece un cenno di assenso con la testa.

«Allora trova un cavillo nel passaggio di proprietà per portare Alex qui.» Si girò verso il tecnico. «Bill dagli una mano, metti sottosopra gli hangar, voglio un appiglio per fargli causa. Un bullone spanato, qualsiasi cosa.»

«Vuoi fare causa a tuo marito?» Chiese l'avvocato stupito.

«Se serve a riportarlo qui, sì.» Rispose Teresa decisa.

«Mamma, io devo andare lo stesso.» Disse Bea. «Aiuta Ian ad arrivare al processo.»

«Io dovrei partire per Freenton stasera stessa.» Disse il ragazzo.

«Prima vi voglio a cena.» Teresa scambiò uno sguardo con il tecnico. «Bill, devo parlare un po' con mia figlia, mostra a Ian la Keysmith Stunts. Dopo vediamo come aiutarli.»

Ian seguì Bill fuori dalla stanza. Sentì l'avvocato chiedere a Teresa cosa avrebbe fatto riguardo allo spettacolo imposto dal passaggio di proprietà.

-

Bill sapeva come impressionare i visitatori. Portò Ian in giro per gli hangar mostrando gli aerei, gli ologrammi delle acrobazie aeree, i simulatori di volo in cui i piloti si allenavano. Infine lo condusse in un laboratorio sotterraneo, riservato agli addetti ai lavori, dove producevano la polvere V-Zero, avevano creato le tute ignifughe e sviluppavano le loro invenzioni.

Ian rimase affascinato da una teca che racchiudeva una maschera bianca. La maschera era forgiata in modo da coprire il volto intero fin dietro la nuca con fessure per occhi, bocca, narici e orecchie. Chiese a Bill cosa fosse.

«Quella è un'invenzione messa da parte. Volevamo fare dei video durante le acrobazie in cui i piloti apparissero con volti sempre diversi, ma abbiamo accantonato l'idea.»

«Perché?»

«La maschera funziona alla perfezione, ma i pixel intorno agli occhi confondono la vista ai piloti. Quindi è meglio non rischiare: devono avere la vista libera.»

«Copre davvero tutta la faccia?»

«Sì.» Disse Bill. «Le fibre di carbonio flessibile si adattano al viso perfettamente.»

«Mi piacerebbe provarla.» Disse Ian.

Il tecnico stava per replicare ma ricevette un messaggio e disse che dovevano tornare in superficie.

-

Teresa rispose all'avvocato con prontezza. «Vuole uno spettacolo sensazionale con i piloti migliori? Allora dobbiamo aspettare che il mio capo tecnico completi la verifica a caccia di bulloni spanati e mia figlia torni: lei è il pilota migliore.»

«Non discuto.» L'avvocato raccolse le sue cose e si congedò.

Le due donne restarono sole. Teresa strinse Bea a sé e non disse nulla per un po'.

«Mamma?»

«Sì?»

«Mi sei mancata.» Disse Bea.

«Tu mi hai fatto prendere un colpo.» Disse Teresa. «Sai che significa vedere quell'aereo a pezzi e non sapere se tu fossi viva oppure no?»

«Scusa.»

«Beatrice, non pensarci più.» Teresa allentò la stretta e allontanò sua figlia quel tanto che bastava a guardarla negli occhi. «Sicura di voler andare da tuo padre? Possiamo vedere cosa combina l'avvocato prima.»

«Papà si è fatto arrestare per me, io devo andare.»

«Papà può resistere. Lo sai che è pericoloso?»

«Lo so, ma starò attenta.» Disse Bea con serietà.

Teresa la guardò meravigliata e un po' divertita. «Non ti ho mai sentito dire che stavi attenta con tanta convinzione. Che succede?»

«Succede che ho rivisto Toby e…»

«E… ?»

«Gli ho detto che sono stanca di correre e potrei trasferirmi da lui.»

«Lui che ha detto?»

«Ha detto che può trasferirsi lui e facciamo la cerimonia in chiesa. Non faccio che pensarci.»

«Ho capito: vuoi tuo padre qui. Io ti lascio andare, però parti domani. Voglio che dormi a casa stanotte.»

«D'accordo.»

Parlarono un po' del necessario per organizzare il matrimonio sognato da Bea, poi lei tornò sull'argomento che le stava più a cuore in quel momento.

«Perché li hanno portati a Stilrock? E perché sei diventata il capo della Keysmith?»

Teresa le spiegò le manovre legali messe in atto dall'avvocato per tirare fuori Alex e Jerry.

«Come vuoi arrivare a tuo padre?» Le chiese poi.

Bea confessò che avrebbe volato in V-Zero con la sua moto, sotto un volo di linea come aveva fatto per la consegna del Cloridione a Greentown. Stavolta non avrebbe fatto alcuna deviazione. Sarebbe arrivata alla base militare prima possibile, anche a costo di volare in chiaro.

A quel punto, Teresa inviò un messaggio a Bill per mettersi all'opera. Dovevano preparare il viaggio di Bea e gli spostamenti di Ian Relby.

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