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La tana dei lupi
Copertina
Racconto breve, Indagini e Crimini, Italiano, 7 pagine
Editore: Renato Mite, Italia 11/11/2013
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Renato Mite

La tana dei lupi

Tutti i diritti sull'opera "La tana dei lupi" appartengono all'autore Renato Mastrulli.


Questa storia è frutto dell'ingegno dell'autore.


Ogni riferimento a fatti accaduti o cose e persone esistenti è da ritenersi puramente casuale.



Immagine in copertina © Renato Mastrulli



...e il mannaro inseguì il lupo fin dentro la sua tana.

«Un mannaro mi viene dietro!» Disse Bruno appena varcata la soglia dell'agenzia.

«Che? Uno sbirro? Che facciamo adesso?» Fece un ragazzo sui venticinque anni con la smania per le pistole che cominciò ad eccitarsi per la visita che avrebbero ricevuto.

«Annotati un sinistro, Jerry!» Sbottò Bruno.

Pochi secondi di silenzio ed arrivò anche lo sbirro.

Il mannaro entrò senza nemmeno chiudere la porta, con la pistola in mano. Un uomo sui quarant'anni gli passò dietro per andare a chiudere la porta. Il mannaro ebbe dinanzi a sé quattro uomini ora.

«Sentite signori, non so cosa vi abbia detto quest'uomo, ma sono un agente di polizia e sono qui per arrestarlo, è incriminato per...»

Sentì uno scatto metallico dietro la testa, una sicura che veniva inserita.

«Sono molto veloce nel togliere la sicura e sparare...» Disse l'uomo dietro di lui, «se ci tieni al ferro mettilo via, altrimenti qui Jerry sarà entusiasta di requisirtelo.»

Il mannaro ripose la pistola nella fondina ascellare.

«Cammina.» Gli disse l'uomo dietro di lui mentre due li precedevano per una porta. Altri due, fra cui il ricercato, li seguivano e sentì dire al più giovane: «Che si fa?»

«Piantala!» Gli rispose l'altro.

Oltre la porta c'era una rampa di scale in legno che li condusse in uno scantinato modesto, vivibile. C'era un biliardo in un angolo, un frigo ed un bancone in un altro, un armadio in ferro, addossato ad una parete, accanto ad una porta, e vi trovava posto anche un tavolo verde per i giochi di carte al centro.

C'erano anche altri due uomini, seduti a quel tavolo. Uno stava leggendo un quotidiano, per intero steso sul tavolo, e l'altro si gustava una sigaretta senza filtro scotendola di tanto in tanto nel portacenere sul tavolo. Epilessia e Due-mani erano soliti commentare le notizie.

«Ehi, voi! Gente di quaggiù. Abbiamo visite, liberateci il tavolo.»

I due si alzarono portando con sé ciascuno il proprio oggetto: Epilessia ripiegò il giornale tenendo l'indice come segnalibro e si diresse al tavolo di biliardo dove riprese la lettura; Due-mani spense la sigaretta, portò il posacenere sul bancone e si diresse alla parete opposta all'armadio. Staccò una stecca di biliardo e ci si appollaiò sopra con le mani ed il mento, ondeggiando incuriosito. Sicura tolse la sicura e gli andò vicino, scambiarono un paio di battute e rimasero a guardare mentre alla loro sinistra Epilessia continuava a leggere.

«Si accomodi.» Disse Bruno mentre faceva lo stesso.

«Le va una birra? Prendi qualcosa da bere, Jerry.»

«No grazie. Bevo solo fuori servizio.» Rispose il mannaro.

Jerry prese dal frigo una confezione da sei lattine e la portò sul bancone, staccò la prima lattina e la passò a Bruno, ne staccò un'altra per sé e si sistemò sullo sgabello dietro il bancone. Due-pistole si sedette su uno sgabello al di qua del bancone e Infarto si appoggiò sul muro, accanto all'armadio.

«È stato un colpo di fortuna, per lei, capitare sul mio trespolo... anche se il lavoro era già terminato... e lei non vuole nemmeno sapere come mi chiamo?»

«E a che mi servirebbe? sarebbe certamente un nome falso.»

«Noi preferiamo i nomignoli, ha presente l'uomo che la invitava a scendere: quello è Sicura perché è veloce a togliere la sicura e sparare; è così veloce che non si fida del proprio dito e mette la sicura solo quando ha intenzione di sparare, è allora che bisogna preoccuparsi.»

«Perché ci sta andando intorno?»

«Perché, come ho detto, trovarmi non è stata una sua abilità e voglio darle la possibilità di tornare a casa sconfitto più che ucciso. E ce la giocheremo alla pari.»

Da una tasca interna della giacca che metteva sul lavoro Bruno prese la sua pistola preferita: una Colt .45 M1917 con tamburo a sei colpi.

«Conosce la roulette russa?»

«Sì, ma ho come l'impressione che qui dentro le regole non siano seguite alla lettera.»

«In effetti se toccasse a me, lei non uscirebbe vivo da qui dentro ma almeno avrebbe portato a termine il suo compito: avrebbe tolto dalla circolazione un criminale. Non è quello che vuole?»

Alcuni risero.

«In un certo senso... è quello che vuole il mio capo e quelli che mi pagano.»

«Pensi un po',» disse Bruno mentre estraeva il tamburo della colt per svuotarlo dei colpi che non servivano, «anche noi paghiamo le tasse, ma non abbastanza perché possa esistere il suo mestiere, e invece...»

Alcuni risero di nuovo mentre fuori cominciava ad imperversare un temporale.

Riponeva ogni colpo in piedi al centro del tavolo. Quando i colpi sul tavolo furono cinque, Bruno fece scattare il tamburo al suo posto e lo fece ruotare. Si puntò la pistola alla tempia... «Dieci tiri.» Disse e premette il grilletto.

Clack- Niente.

Passò la pistola all'uomo che gli stava dinanzi e lo vide muoversi indeciso.

...Clack - Niente. “Fuori uno” pensò il mannaro.

Bruno sorrise puntandosi la colt alla testa.

Clack - Niente.

Il mannaro riprese la pistola, fece ruotare il tamburo molto più velocemente della sua prima volta.

Clack - Niente. “Fuori due”

«Io mi sono stancato di questo posto, e voi?» Disse Bruno mentre riprendeva la pistola.

«Sì.» Risposero in molti.

Epilessia si alzò e si diresse verso la porta sulla parete opposta...

Clack - Niente.

... si chiuse la porta alle spalle, prese il suo telefono cellulare e compose il numero. Si trovava in una stanza stretta e lunga, ricavata con un muro divisorio all'interno dello scantinato. C'erano una rampa di scale in legno che riportava al piano terra e sotto di essa tanti scatoloni ammucchiati.

«Sono Alessio, volevo comunicarti che sto traslocando e mi servirebbe un aiuto per le ultime cose. Se tu potessi passare stasera, ne sarei molto contento.»

...

«Se devi avvisare gli altri del mio trasloco? Avvisa quelli che incontri, gli altri li avviserò io.»

Epilessia chiuse la comunicazione e compose un altro numero.

«Ciao, sono Alessio. Ti ho telefonato per dirti che sto traslocando e non posso mica portare la tua roba con me. Puoi venire a prenderla fino a stasera, domattina io lascio tutto fuori dalla porta e non so se poi la ritrovi più.»

Chiuse anche questa comunicazione e tornò nell'altra stanza.

Clack - Niente. “Fuori otto”

Bruno si era fatto serio.

Clack - Niente.

Clack - Niente. “Fuori nove”

Bruno fece rotare per l'ultima volta il tamburo.

Clack - Niente.

Il mannaro prese la pistola, fece ruotare e con estrema e veloce disinvoltura se la puntò alla tempia.

Clack - Niente.

«Perché carichi la pistola con cinque proiettili?»

«È la clemenza della colt dare la possibilità di salvarsi.» Disse Bruno mentre ricaricava la pistola come in un rituale.

«La pistola è clemente, tu ti sei divertito... ed io?»

«E tu te ne torni a casa.» Gli rispose. Si rivolse a Jerry: «Sali da dietro. Voglio che lo porti da Bimbo, gli dici di incidere le corde vocali o comunque di rendermelo muto, faccia lui; e poi me lo lasci dormire libero, come sa fare lui, per quattro...»

«Cinque.» Lo corresse Epilessia.

«...per cinque giorni.»

«Ma...» Cominciò Jerry.

«Non ci sono “ma”, Jerry!»

Jerry si alzò, andò dal mannaro e se lo portò nell'altra stanza acchiappato per un braccio.

«Quel ragazzo non lo sopporto e per giunta non ha ancora imparato a parlare.» Borbottò Bruno a voce bassa.

«E che ci vuoi fare.» Disse Due-mani.

«Mi consolerebbe farlo vomitare in un ristorante.»

Ad un tratto un tuono, ma loro distinsero chiaramente lo sparo.

«Quel ragazzo è un incompetente.» Confermò Due-mani.

«Spero per lui che sia stato l'agente a fare fuoco e non il contrario.» Disse Bruno.

Due-mani e Bruno si guardarono.

«Se tu ci metti la segatura, io lo faccio vomitare.» Gli propose Bruno.

«D'accordo.»

Bruno posizionò la cavità senza proiettile del tamburo in linea con la canna e con Due-mani si diresse nell'altra stanza e gli altri li seguirono.

Trovarono il mannaro ucciso da un colpo alla nuca e Jerry chino che gli stava rovistando il portafoglio; aveva già messo da parte il ferro del mannaro.

Due-mani lo “punzecchiò” con la stecca da biliardo.

Jerry si alzò e guardò Bruno che gli puntava la pistola.

«Una probabilità su sei di salvarti, Jerry: non hai mai imparato il mestiere e mai lo imparerai.»

Clack - Niente.

Jerry tirò un sospiro di sollievo e sorrise.

«Sarà per la prossima volta Orso.» Disse Jerry.

«È questa la prossima Jerry, non te ne rendi conto?» Disse Bruno e gli sferrò il sinistro che gli aveva promesso.

«Credi che io sprechi un Colt .45 per un cane e che sia talmente stupido da non sparare mentre romba un tuono. Con l'automatica non c'è clemenza, Jerry.» Disse ed estrasse la sua automatica. «Che dobbiamo farne della tua roba?»

«Aspetta Bruno, aspet...»

Clack...

Otto giorni dopo furono ritrovate due salme. Una era intatta eccetto il foro che andava da parte a parte del collo; era la salma di Tommaso Vaccino, un agente di polizia che fu onorato con il tricolore. La seconda, fu accertato, era la salma dell'assassino di Tommaso; era stato sparato da distanza ravvicinata al volto ed era quindi irriconoscibile. Fu ritrovato con la sua pistola fra le mani e dalle impronte digitali si risalì al suo nome: Geremia Pirro.


FINE

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